Alcuni cenni storici

Con il diffondersi del Cristianesimo, fin dai primi secoli, ogni comunità celebra la sua liturgia e canta nella sua propria lingua. L'occidente mediterraneo, a partire dal III secolo abbandona la liturgia in greco, adottando il latino. Ogni regione dell'occidente cristiano comincia così a comporre il proprio repertorio di canti sacri con una lingua è comune, ma con differenze regionali. Nasce quindi il canto "beneventano" e "aquileiano" per il sud dell'Italia, quello"romano" per la città di Roma e le sue dipendenze, l' "Ambrosiano" per Milano e il nord dell'Italia, l'"ispanico" ai piedi dei Pirenei, il "gallicano" nelle terre della Gallia romana e "celtico" per il nord ovest dell'Europa.
La costruzione delle grandi basiliche romaniche permette al culto di affermarsi, acquisendo una nuova solennità.

Dal V secolo nasce la schola cantorum composta da un numero variabile di chierici a servizio del canto sacro. Queste scholae elaborano, nel corso del V-VI secolo, un repertorio di canto in armonia con lo svilupparsi della liturgia. Alla fine del VI secolo la composizione del corpus delle melodie romane è compiuta. Verso il 760 assistiamo ad un avvicinamento tra il regno franco dei pipinidi (Pipino il breve e poi il figlio Carlo Magno) e il papato (Stefano II e i suoi successori). Pipino adotterà la liturgia romana nel suo regno per assicurare una unità religiosa e, attraverso questo, consolidare l'unità politica.

L'introduzione della liturgia romana implica praticamente la soppressione del repertorio dei canti gallicani, fino ad allora in uso nelle regioni franche, e la loro sostituzione con il repertorio romano. Il testo dei canti romani, consegnato per iscritto nei codici, si impone facilmente e diviene il testo di riferimento.

Come per ogni canto liturgico dell'antichità, il gregoriano nasce dalla tradizione orale. La diffusione che ha potuto avere in tutta Europa, oltre alla volontà politica dei Principi e del Papato, lo si deve all'invenzione di un processo di scrittura della melodia (pietra miliare nella storia della musica), la notazione quadra e all'opera di riordino che la tradizione attribuisce a papa Gregorio Magno (590) cui si deve il nome di "canto gregoriano".

Molte cause concorreranno alla decadenza del canto gregoriano. Anzitutto il progresso della notazione, dalla quadra a quella tonda mensurale. La prima scrittura infatti non indicava altro se non l'altezza delle note, senza scansione ritmica, inoltre non si adattava profiquamente alla redazione di un uso polifonico delle voci.

Già verso la fine del medio evo il canto gregoriano entra in una fase di completa decadenza. Nel 1833, Dom Guèranger, fondatore dell'abbazia di Solesmes, affronta l'opera di restaurazione del canto gregoriano. Pensa ad una esecuzione concentrata sul primato del testo, riportando lo spirito del canto della preghiera.

I primi studi di comparazione tra i manoscritti antichi, portati avanti da Dom Jausions, furono continuati da Dom Pothier. E' Dom Mocquerau che svilupperà questa impresa scientifica costituendo una collezione di facsimile dei principali manoscritti di canto racchiusi nelle biblioteche europee. Creò inoltre anche l'atelier e la pubblicazione di "Paleografia Musicale" (1889). Ma la restaurazione del canto gregoriano non è finita perché il Concilio Vaticano II (1963-1965) invitò ad elaborare "una edizione più critica dei libri di canto già editi", riportando di fatto il Gregoriano al centro dell'animazione liturgica.

 

[Tratto e adattato da "Metodo di Canto Gregoriano" - G. Vantini - Schola Cantorum Mediolanensis]


Home Torna a Gregoriano
© realdo uberti