Vittorio Bachelet

«[...] è evidente che non basta essere «buon cattolico» secondo una troppo facilmente usata espressione, per diventare – quasi per infusione dello Spirito Santo – un buon scienziato, un buon amministratore, un buon politico, un buon professionista, un buon lavoratore; come – del resto – non basta per essere un buon padre o una buona madre di famiglia. È necessaria la fatica della preparazione, l’educazione delle doti personali, la conquista dell’abilità tecnica e professionale, e soprattutto la partecipazione viva al travaglio della umanità nel momento storico in cui ci si trova a vivere e a operare. Senza questa immersione (nel mondo, pur senza diventare del mondo) si finisce per professare e predicare un cristianesimo astratto, molto simile a quella interpretazione farisaica della legge, così distante dalle sofferenze e dalle aspirazioni degli uomini, che avrebbe concesso l’eccezione al riposo sabatico per salvare un bue cascato nel pozzo, ma che trovava a ridire quando in giorno di sabato il Signore guariva un uomo malato. [...]»

«La ricchezza fondamentale che i cattolici possono mettere al servizio del progresso della civiltà umana è proprio – lo ripetiamo ancora – la «carica» morale e religiosa che sola può alimentare un autentico rinnovamento della società e che – quando naturalmente sia genuinamente vissuta e praticata – consente meglio di ogni più raffinata elaborazione, la comprensione e consapevolezza delle esigenze storiche, la concretezza operativa, la coerenza profonda di linea politica. […]»

Vittorio Bachelet, La responsabilità della politica. Scritti politici, a cura di Rosy Bindi e Paolo Nepi, Roma, AVE, 1992, p. 30

«Al momento della preghiera dei fedeli salì all’altare un giovane dal volto sconosciuto; era Giovanni, il figlio di ventiquattro anni tornato in fretta dagli Stati Uniti. Lesse questa invocazione: «Preghiamo per il nostro presidente Sandro Pertini, per Francesco Cossiga, per i nostri governanti, per tutti i giudici,per tutti i poliziotti, i carabinieri, gli agenti di custodia, per quanti oggi nelle diverse responsabilità nella società, nel Parlamento, nelle strade continuano in prima fila la battaglia per la democrazia con coraggio e amore.
Vogliamo pregare anche per quelli che hanno colpito il mio papà perché, senza nulla togliere alla giustizia che deve trionfare, sulle nostre bocche ci sia sempre il perdono e mai la vendetta, sempre la vita e mai la richiesta della morte degli altri».

L’impressione destata fu enorme, […] quelle parole, prive di orpelli, semplici strumenti per dire una fede non generica, scrollarono l’indifferenza di una opinione pubblica ormai abituata alla teoria delle morti eccellenti e attivarono percorsi di riflessione che parevano impossibili nelle file del movimento clandestino.»

Angelo Bertani - Luca Diliberto, Vittorio Bachelet - Un uomo uscì a seminare, Roma, AVE, 1994   pag. 20



Giorgio La Pira

«Fratello che leggi, io ho bisogno di trattare con te oggi alcuni punti che concernono certi lati essenziali della nostra vocazione cristiana. Si tratta di domande che rinascono spesso nel mio e nel tuo cuore. La prospettiva nella quale queste domande si inseriscono è quella attuale del mondo: comprenderai; noi siamo in questo mondo, anche se la grazia di Cristo ci ha sottratto al suo imperio; non solo: ma che significa: «Voi siete il sale della terra? Voi siete la luce del mondo?». Che significa l'equiparazione al lievito, al seme e così via? Significa che abbiamo una missione trasformante da compiere; significa che per opera del nostro sacrificio amoroso, reso efficace dalla grazia di Cristo, noi dobbiamo mutare -quanto è possibile- le strutture di questo mondo per renderle al massimo adeguate alla vocazione di Dio (adveniat regnum Tuum sicut in coelo et in terra). (…)

Siamo dei laici: cioè delle creature inserite nel corpo sociale, poste in immediato contatto con le strutture della città umana: siamo padri di famiglia, insegnanti, operai, impiegati, industriali, artisti commercianti, militari, uomini politici, agricoltori e così via; il nostro stato di vita ci fa non solo spettatori ma necessariamente attori dei più vasti drammi umani.

Come possiamo sottrarci ai problemi che hanno immediata relazione con la nostra opera? L'educazione dei figli, l'insegnamento della verità o dell'errore, il contrasto fra capitale e lavoro, l'oppressione del tecnicismo industriale, il valore dell'espressione artistica, l'onestà del traffico, le tragedie della guerra, le strutture dello stato (oppressive o umane?), i problemi dell'educazione agricola e così via. Cosa c'è da fare? Si resta davvero come stupiti quando, per la prima volta, si rivela alla nostra anima l'immenso campo di lavoro che Dio ci mette davanti: messis quidem multa; c'è da trasformare in senso cristiano tutti questi vastissimi settori dell' azione umana che sono in tanta parte sottratti alla influenza della grazia di Cristo! Il nostro «piano» di santificazione è sconvolto: noi credevamo che bastassero le mura silenziose dell'orazione! Credevamo che chiusi nella fortezza interiore della preghiera noi potevamo sottrarci ai problemi sconvolgitori del mondo; e invece nossignore; eccoci impegnati con una realtà che ha durezze talvolta invincibili; una realtà che ci fa capire che non è una pia espressione l'invito di Gesù: nel mondo avrete tribolazioni; prendi la tua croce e seguimi . Bisogna lasciare –pur restandovi attaccato col fondo del cuore- l’orto chiuso dell’orazione (…) L’orazione non basta; non basta la vita interiore; bisogna che questa vita si costruisca dei canali esterni destinati a farla circolare nella città dell’uomo. Bisogna trasformarla la società! »

G. La Pira, La nostra vocazione sociale, Roma, AVE 1945


Primo Levi

«Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case,
Voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore pe un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d'inverno.
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando a casa andando per via,
Coricandovi alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli.

O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi.»

Se questo è un uomo



«Questi i risultati della pace e della libertà grave: lavorare e costruire per il bene degli uomini, di tutti gli uomini; non uccidere, distruggere e conquistare con la forza delle armi, ma vivere con il lavoro per la fratellanza e l'aiuto reciproco.»

Il sergente nella neve


Albert Schweitzer

«La verità non ha un suo tempo particolare.
La sua ora è adesso, sempre, e più che mai quando sembra
maggiormente inopportuna alle circonstanza del momento»

«Raccoglietevi, raccoglietevi. Abbiamo bisogno di raccoglimento più di ogni altra generazione sulla Terra, o la nostra umanità precipiterà spiritualmente. Raccoglietevi, voi che vi disperdete negli eventi [...] Siate silenziosi, affinché il vostro pensiero prolifichi; credete che nell'ora solenne della solitudine con voi stessi non solo sarete migliori nell'anima e nel carattere, ma troverete la forza di portare meglio il peso che il destino e gli uomini vi preparano, di perdonare laddove non avreste potuto perdonare, di credere negli uomini laddove altrimenti sarebbe la disperazione.»

Simon Weil

«Tutte le volte che si riflette sul bello, si è arrestati da un muro. Tutto ciò che è stato scritto al riguardo è miserabilmente ed evidentemente insufficiente, perché questo studio deve essere cominciato a partire da Dio.
Il bello consiste in una disposizione provvidenziale grazie alla quale la verità e la giustizia, non ancora riconosciute, richiamano in silenzio la nostra attenzione.
La bellezza è veramente, come dice Platone, una incarnazione di Dio.
La bellezza del mondo non è distinta dalla realtà del mondo.»

(Q, IV, 371)

«É necessario far uso della sofferenza in quanto contraddizione provata. Quest’uso la rende mediatrice, e quindi redentrice. É necessario usarne in quanto smembramento.
Il bello è l’apparenza manifesta del reale. Il reale è essenzialmente la contraddizione. Perché il reale è l’ostacolo, e l’ostacolo di un essere pensante è la contraddizione. In matematica il bello risiede nella contraddizione. L’incommensurabilità, λογοι αλογοι, è stata il primo risplendere del bello in matematica.
Il reale nella percezione non è lo sforzo (Maine de Biran) ma la contraddizione provata mediante il lavoro.»

(Q, III, 43)

«Dio ha abdicato alla sua onnipotenza divina e si è svuotato. Abdicando alla nostra piccola potenza umana diventiamo, nel vuoto, uguali a Dio.
Il Verbo divino era uguale a Dio nella divinità. Si è svuotato ed è diventato schiavo. Noi possiamo diventare uguali al Verbo divino nel vuoto e nella schiavitù.»

(Q, IV, 350)


 

 

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